Namibia, la terra del colore ocra
Voglio ricordare la Namibia con la polvere sempre ed ovunque e di tutti i colori, con la totale assenza di nubi, con il giallo oro degli spazi aperti che contrasta di netto l’ocra delle montagne fatte a colpi di spatola, lo stesso ocra che riluce nella pelle degli Himba, con la corsa impazzita degli orici, con l’imponente solitudine del baobab che implora il cielo con i suoi rami scheletrici, con l’alba fredda riscaldata dal caffè appena uscito, con le sere attorno al fuoco, con le tante stelle e cadenti, con le dune di arancio dalle creste come lame, con la natura e il suo soffio preistorico che ancora emana. Abbiamo raggiunto la valle del Marienfluss, un tragitto lunghissimo ed impervio, che ripaga con il nulla selvaggio che avvolge, incontrando numerosi villaggi Himba, non certo vergini al turismo, ma perlomeno diffidenti verso l’uomo bianco, e questo è già tanto. Tutto il viaggio in tenda che contribuisce ad impreziosisce le giornate garantendo un contatto più diretto col suolo africano. Abbiamo sacrificato pitture rupestri e boschi pietrificati di Twylfontein a vantaggio del canyon di Purros; guadi nel fiume, verde intenso ed elefanti dalle lunghe zampe hanno spazzato via qualsiasi rimpianto. L’escursione allo Spitzkoppe, oltre ad essere il camping più suggestivo ci ha regalato un’interessante passeggiata naturalistica (e in questo viaggio è necessaria perché si sta sempre con il sedere sulle jeep) e delle buonissime costolette di pecora….(credeteci!!!) in un ristorantino che ha poco a che vedere con i buffet dei ristoranti dell’Etosha; rinunciando ad una notte a Swakopmund, città fredda, umida e “pugno in un occhio” del viaggio.
1° GIORNO: Siamo atterrati in un deserto, un piccolo aeroporto nel nulla, siamo a Windhoek. Non tutti i nostri bagagli arrivano, ce ne mancano 4 che arriveranno domani. Iniziano le pratiche ritiro auto, sono le 1300, c’è un bel sole anche se fa freddo, sono contento perché alla luce si controlla tutto meglio, invece la Hertz aspetterà il buio per consegnarmi le 3 auto; le pratiche alla Europcar invece sono state velocissime. Circa alle 1830, finalmente lasciamo l’aeroporto, prime indecisioni con la guida a destra ma siamo troppo stanchi per aver voglia di sbagliare strada e dopo mezz’ora circa siamo in albergo. Fa proprio freddo a Windhoek, è agosto, ma il ristorante è caldissimo e si mangiano i primi orici, springbooks e coccodrilli del viaggio; per le strade la città è deserta, tutto chiuso e si può solo rientrare nelle stanze.
2° GIORNO: Dopo il burro di arachidi sul toast inizia il primo giorno di viaggio vero e proprio, e subito il gruppo si divide: i 4 nudi o succintamente vestiti restano ad aspettare il bagaglio insieme all’autista, rimaniamo in contatto con gli sms, noi altri, invece, tappa obbligata al supermercato, carichiamo le jeep di cibo ed io ne approfitto per comprare le mappe. Direzione parco dell’Etosha, la strada è scorrevole e tutta asfaltata ma non fateci l’abitudine, la polvere inizia dentro al parco, dal gate di Okaukejo precisamente. Tento invano di ottenere un posto tenda a Okaukejo seppur avevo la prenotazione a Namutoni, invece ci pranziamo e basta, vicino alla pozza affollata di elefanti che la notte dovrebbe illuminarsi. Alle 1500 riprendiamo il viaggio verso Namutoni, sono 150 km dentro al parco quindi sottintende che ci fermiamo spesso a far foto agli animali ed infatti arriviamo di notte, comunque ci aprono il cancello anche se l’impiegato della reception non è un campione di gentilezza. Cena con i nostri viveri, con 2kg di pasta al ragù in 10 persone hanno
mangiato pure gli sciacalli che ci giravano attorno; poi passeggiata alla pozza illuminata ma nessuno si è presentato a mostrarsi, ed infine e finalmente prima notte in tenda.
3° GIORNO: Subito una bella notizia, arrivano gli altri con i loro bagagli, hanno dormito ad Outjo ed alle 0730 sono al gate di Namutoni. Siccome la giornata è interamente dedicata al safari fotografico è impensabile procedere insieme con auto, significa aspettare tutti per le foto ed esigenze varie, quindi l’appuntamento è alle 1300 ad Halali per il pranzo. Vi consiglio di comprare un’altra mappa, quella dell’Etosha dettagliata, il parco è grande ma c’è un'unica arteria principale che lo taglia longitudinalmente a metà con tante stradine laterali, alcune di queste portano alle pozze, artificiali o non, e solo lì potrete vedere tanti animali ammassati insieme, elefanti, rinoceronti, gazzelle, orici, giraffe, kudù, zebre, per il resto sarà, almeno per me, la giornata più noiosa, sempre in macchina e senza mai poter scendere. Dopo il pic-nic pranzo ad Halali un po’ di relax e birra fresca al bar, nel pomeriggio entriamo nel Pan Etosha, una suggestiva distesa di bianco salino che scompare all’orizzonte. Anche stasera devono aprirci il cancello perché rientriamo in ritardo subito dopo il tramonto, ci laviamo con calma perchè all’unanimità abbiamo già deciso di cenare al ristorante buffet del Namutoni.


4° GIORNO: Sveglia all’ alba, usciamo dall’ Etosha per il “King Negale Gate”, verso nord trovate la strada tutta dritta uscendo dal Namutoni e girando a dx poi ancora la prima a dx, è un Gate molto bello perché sorge nel nulla in mezzo al giallo delle graminaceae secche, qui ci controllano ricevute di pagamento al camp e visti d’ingresso. Partendo presto siamo ad Oshakati alle 1030, la strada per arrivare è asfaltata; qui facciamo prima la sosta pieno benzina,anche per le taniche, alla Caltex, procediamo una macchina per volta per via della nomea dei “ladri di Oshakati”, in effetti si avvicinano alcuni tipi ambigui ma non succede niente. Dopo il rifornimento spesa grossa al supermercato “Spam”, è molto fornito e lo trovate sulla via principale alla fine della città, compriamo anche della carne per una grigliata. Dopo questa sosta si riparte per Ruacana dove arriviamo alle 1400, di nuovo un rabbocco di benzina e sosta pranzo sotto ad un albero qualunque sulla strada. Per il distributore si gira prima, circa 5 Km dopo il primo bivio girate a sx e lo trovate dopo 100 m, poi ritornate indietro e seguite la strada verso il confine con l’Angola, dopo alcuni km trovate il bivio per Ruacana Falls e frontiera, ignorateli e proseguite dritti, subito dopo finisce la strada asfaltata ed inizia lo sterrato. Da questo punto in poi ci sono 65 km per il Kunene River
Lodge, la strada a tratti è molto dissestata, nessun problema ma fa perdere molto tempo, inoltre incontriamo un bivio senza indicazioni vicino ad un campeggio, anche se è indifferente quale strada seguire, tanto poi si ricongiungono. A circa 20 km dal Kunene vediamo i primi villaggi Himba se ancora così si possono chiamare, tutti completamente ubriachi, non a caso sono quelli più alla frontiera con il turismo tradizionale e lo spettacolo è veramente triste. Arriviamo al Kunene River Lodge che è quasi buio, il posto è bellissimo, immerso in una vegetazione lussureggiante si affaccia sul fiume Kunene e dall’altra riva c’è l’Angola; è di proprietà di una famiglia inglese appassionata di ornitologia, c’è il telefono ma non è detto che funzioni, i bagni del camp sono spaziosi e puliti, e alle 22:00 staccano l’energia elettrica.
Dopo una buonissima grigliata di carne, la legna si può comprare lì, ci godiamo la notte di S.Lorenzo sulla magnifica terrazza che si affaccia sul fiume, ancora meglio quando tolgono la luce.


5° GIORNO: Partiamo alle 0700 dal Kunene, dopo 4 km al bivio giriamo a sx, è una pista di terra rossa molto buona anche se a tratti è interrotta per guadi di fiumi, facendo attenzione ai lati della strada tra le sterpaglie di acacia si notano diversi villaggi Himba; entusiasti, prendiamo i nostri “doni” di zucchero e miglio, ma sono completamente deserti anche se visibilmente abitati dalle tracce del fuoco ancora recenti. La sosta al villaggio di Epembe invece è molto interessante, c’è una scuola con tanto di professori ma senza alunni perché è sabato, ci mostrano i compiti in classe corretti e cercano di spiegarci tutte le loro difficoltà, vogliono del materiale per la scuola e palloni da calcio, naturalmente sgonfi perché mi hanno mostrato che hanno la pompa per gonfiarli. Dopo Epembe altra sosta alle 1100 ad Okongwati, paese famoso per il distributore di benzina, vi aspettereste una pompa invece c’è una signora in un pomposo costume Herero che succhia la benzina dai bidoni e la trasferisce nelle taniche, poi un ragazzino le versa nei serbatoi e il marito, scrupolosamente fa i conti. Riprendiamo per le Epupa Falls, le indicazioni sono ben visibili e la strada non è poi così dissestata, arriviamo là alle 1400 e ci sistemiamo all’ Omarunga Camp senza aver prenotato; è importante arrivare nel primo pomeriggio perché le cascate vanno viste e “usate”. Prima pranziamo e siamo sempre lungo il corso del fiume Kunene, sentendo il frastuono del salto a pochi metri. Nel pomeriggio passeggiata panoramica attorno alle cascate, si può fare il bagno in piccole piscine d’acqua che si formano attorno oppure una gradevolissima passeggiata, è
un posto naturalistico veramente bello, ci sono splendidi baobab, sono secoli che rimangono aggrappati alle rocce a strapiombo bagnate dall’acqua. Tramonto con buonissima birra Windhoek nera al bar dell’ Omarunga, poi cena con spaghetti al tonno e di nuovo birra nell’unico bar, finché la notte non inizia a raffredarsi.


6° GIORNO: Partenza dalle Epupa e stessa strada di ieri al contrario passando per Okongwati (dove non è necessario rifare benzina) fino al bivio di Otjiveze sulla DR3700, proseguiamo dritti per Opuwo, qui ci fermiamo per i 2 rifornimenti: benzina e viveri, Opuwo non è un villaggio, dà più l’impressione di un caotico paese, dove il supermercato è ben rifornito del necessario ed il distributore è grande, c’è anche un telefono pubblico funzionante. Da Opuwo prendiamo la direzione Sesfontein e dopo 25 km giriamo a dx per Kaoo Katavi sulla D3705\07 in direzione sempre di Orupembe. Verso le 1310, arriviamo nei pressi di un villaggio, credo che si chiami Otiju dalla cartine, comunque non si può confondere perché si trova nel mezzo di un deserto di polvere bianca e sulla destra c’è un palmeto sul letto di un fiume in secca. Qui ci fermiamo per lo spuntino pranzo, all’ombra delle palme, pochi minuti e siamo invasi dai bambini in groppa d’asino della comunità locale, arrivano anche le donne in costume Herero ma non è bello mangiare davanti agli occhi di affamati, cerchiamo di sdebitarci con le nostre scatolette. La strada è molto polverosa, non buona e lenta nel primo tratto fino ad Otiju, poi riprende una pista scorrevole ma indefinita per poi peggiorare nel mezzo di una vallata di montagne splendide, una di queste sembra un esatta piramide; è tutto il giorno che siamo in macchina ed il pomeriggio comincia ad inoltrarsi, ci fermiamo al villaggio Himba di Okandjondo per decidere se proseguire ancora 50 km fino ad Orupembe e chiedere ospitalità al famoso avamposto di polizia, oppure fermarsi a dormire lì, visto che tramite un ragazzo capace di tradurre inglese/Himba ci hanno accordato l’ospitalità in cambio di un offerta in denaro e un po’ di cibo. Piantiamo le tende a pochi metri dalle capanne, in un suolo pieno di deiezioni animali, tento di far cucinare una capra per tutti ma la proposta viene rifiutata, allora mangiamo le nostre scatole e rimaniamo a bere attorno al fuoco, nel frattempo si avvicina un anziano Himba completamente ubriaco o pazzo che non smette mai di parlare e gesticolare qualcosa che mi rimarrà per sempre sconosciuto. E’ stata una serata speciale, di quelle che rimarranno a lungo nelle nostre memorie.
7° GIORNO: Sveglia all’alba, caffè e latte caldo tra gli Himba, l’odore d’ocra della loro pelle e il puzzo di capra compensano quasi tutto il viaggio. Alle 09:00 circa siamo alla stazione di Orupembe, arriviamo solo in tre macchine perché la quarta scopriremo che ha forato, la ruota bucata la lasciamo ai poliziotti che dicono di poter provvedere a riparala e domani la riprenderemo. Sosta allo “Shop n.1” fornito di sigarette, alcool e scatolame, poi partiamo per la valle del Marienfluss. Di seguito cerco di dare le indicazioni esatte per il “Red Drum”(un bidone rosso punto di riferimento fondamentale): un paio di km prima lo “shop n.1” si gira a dx e seguiamo il cartello per “Otjimente Community Camp Site” , la strada non è buona ma come al solito in Namibia è molto bella ed avrete modo di avvistare molti animali, soprattutto orici; da qui in avanti ci manteniamo sempre verso sinistra finché dopo circa 30 km troviamo una stele bianca di marmo con la freccia a sinistra verso il camp e il simbolo della neve (???), ci fermiamo al camp qualche minuto per una pausa ma non c’è nessuno, solo un ragazzino che aggiustava il tetto della sua baracca. Accanto al camp c’è la prima indicazione per il Red Drum, guadiamo il letto in secca di un fiume e subito dopo al bivio giriamo a destra, a questo punto sempre dritti e non sbagliamo tenendo sempre la destra, anche ad ogni ipotetico bivio che comunque si ricongiunge. Qua, la strada è a tratti impervia, con un saliscendi terribile, va fatta attenzione, dopodiché la pista è facile fino al Red Drum, prima di arrivarci ci fermiamo a pranzo sotto l’unico alberello disponibile nel mezzo della prateria, poi sosta di rito, firme sui sassi e foto al Red Drum. Dallo spiazzo dove si trova il bidone giriamo a destra, dopo alcuni km un cartello ci da il benvenuto nella valle del Marienfluss, la strada da qui in poi è una pista agevole a tratti troppo sabbiosa, senza parole per descrivere lo scenario della valle, facciamo numerose soste nei vari villaggi Himba che incontriamo sulla strada, oppure, se spegniamo i motori in lontananza si ode il tam tam dei tamburi. Arriviamo che come al solito è quasi il tramonto, dopo l’ennesimo guado del fiume la strada prosegue obbligatoriamente verso destra, troviamo il primo cartello che indica la mobile school e poi le indicazioni a destra per il syncro camp, noi invece andiamo a sinistra in questo bivio e abbiamo trovato il “Three Anatral Camp” che qualcuno pensava sparito. E’ incustodito, ci sono docce e bagni, ed è posizionato sul fiume in un terreno di sabbia bianca come quella del mare, si dorme sul morbido. Anche stasera non c’è altro da fare, se non lavarsi, mangiare spaghetti al sugo piccante e rimanere a chiacchierare intorno al fuoco finché non scende il freddo.



8° GIORNO: Sembrava incustodito il “Three Anatral Camp”, invece, quando ancora stavamo bevendo il caffè e il sole aveva iniziato a farsi vedere, arriva un ragazzino con un grosso registro in mano per riscuotere. Subito dopo la partenza, a qualche km, ci fermiamo alla “mobile school”, non ci sono maestre ma solo tre ragazzini a scaldarsi le mani intorno ad un fuoco, dicono che la scuola inizierà a settembre e rimangono stupiti ma felici dei nostri regali, vestiti usati, quaderni e penne. Prima di riprendere una marcia serrata, perché anche oggi c’è molta strada da fare, scattiamo molte fotografie al paesaggio impreziosito dalla tenue luce dell’alba e ci fermiamo in almeno due villaggi Himba dove scarichiamo tutte le nostre scorte di regali. Fino al Red Drum manteniamo sempre la destra della strada, altrimenti c’è un bivio a sx che ci porterebbe al famigerato Van Zil’ Pass; poi dal Red Drum proseguiamo dritti verso la Hertmann Valley, dopo 11 km troviamo una pompa per l’acqua di colore verde, proseguiamo ancora altri 5 km, rimanendo sempre a sinistra, al bivio successivo non vediamo subito il “Blue Drum” ma facendo attenzione è 500 m più avanti. Da ora in avanti fino ad Orupembe l’imperativo è mantenere sempre la sinistra ad ogni bivio e non si può sbagliare, attraversiamo una splendida valle che cambia colore, dal grigio al verde, dal nero al giallo, sembra infinita e costantemente soffia un gelido vento proveniente dall’Atlantico, buona e veloce anche la pista. Verso le 13:30, siamo praticamente sul retro della stazione di polizia di Orupembe, dove oltre a lei c’è solamente lo “shop n.1” e nient’altro, a parte qualche pastore. Fuori allo shop pranziamo, infastiditi dal vento che si diverte a far svolazzare piatti e tovaglioli di carta. Alle 14:30 ripartiamo per Purros dove arriviamo alle 16:30, due ore d’auto veloci e monotone, non incontriamo mai un cartello (tranne una stele con l’elefante che dà il benvenuto nell’aerea di conservazione naturale di Purros), mai un bivio, solo una strada uguale e diritta. Prima di arrivare troviamo indicazioni a sx per il camping Purros, comunque è indifferente perché ci si finisce dentro lo stesso, è un camping bellissimo, tra le acacie giganti, va fatta solo attenzione alle spine e all’insabbiamento, perché intorno c’è un labirinto di strade che portano tutte alle quattro baracche di Purros City ma sono piene di sabbia. Le docce e i bagni sono ricavate all’interno del groviglio di rami delle acacie, è un posto pieno di verde e natura, avvistiamo anche una giraffa a quattro passi dalle tende, gli elefanti invece sono al canyon. Per cena ci prepariamo un pastone di pasta piccola con dei brodi knorr, sarà per la fame ma lo ricordo molto buono, poi solita bellissima ed indimenticabile serata attorno al fuoco dove decidiamo l’indomani cosa fare: escursione al canyon di Purros per gli elefanti (con il rischio di rimanere senza benzina perché abbiamo i km contati fino a Sesfontein) oppure arrivare a Twylfontein per pitture rupestri e bosco pietrificato…..ci piace il rischio e decidiamo per il canyon.
9° GIORNO: Giorno di ferragosto, iniziamo con il freddo ed un intensa umidità per la colazione, subito dopo, puntuale alle 07:00 arriva il ragazzo, guida per il canyon, inizialmente ci porta a vedere una carcassa di un fenicottero mangiato dagli avvoltoi e rimaniamo dubbiosi sulla scelta, poi iniziamo ad entrare nel canyon e sciogliamo qualsiasi perplessità, vegetazione verdissima in contrasto con l’ocra delle rocce attorno e tanti piccoli ruscelli, gioia e divertimento dei guidatori, che inzuppano d’acqua le nostre jeep da giorni secche e polverose. Avvistiamo anche i famosi elefanti di Purros, specie particolare perché dalle zampe più lunghe, tra l’altro prima di partire avevo visto un documentario proprio su di loro trasmesso da “adventure one”. Alle 09:00 circa ritorniamo alla reception del camping, da qui è molto semplice prendere la strada per Sesfontein andando dal retro verso le baracche di Purros, senza inoltrarsi nel dedalo di acacie e strade di
sabbia. Avevo anticipato il rischio benzina, per Sesfontein sono 110 km di strada non bella, ma una delle macchine si ferma al 70!!! Sapevo che delle quattro una è diesel quindi con notevole autonomia, la carico di taniche e lascio tutti gli altri con viveri e tende (non si sa mai) nel nulla di una bassa vegetazione arbustiva, e di corsa mi dirigo verso Sesfontein, sperando di trovare benzina….altrimenti Palmwag!!! Siamo fortunati, e nel giro di un ora il problema è risolto; ci fermiamo al market di Sesfontein per la spesa ed il pranzo, soprattutto abbiamo bisogno di acqua potabile. Per Palmwag ci sono altri 110 km ma la strada è buona rispetto a quella dissestata da Purros, incontriamo numerose bancarelle che vendono quarzi e pietre particolari, tra cui anche dei fossili; prima di arrivare, però, le peripezie non sono ancora finite e foriamo sempre la stessa macchina, quella dell’Europcar naturalmente. Puntuali come al solito, al tramonto arriviamo a destinazione: siamo al “Palmwag Lodge”, lussuoso complesso di lodge in legno dove gli elefanti passeggiano indisturbati, ma appunto perché lussuoso non fa per noi e ci assegnano il posto tenda fuori nel parcheggio, in compenso possiamo usare i bagni….meglio di niente. Perlomeno rinunciamo per stasera alla nostra cucina e ci concediamo la cena al ristorante, buonissime le patatine e l’orice in cottura media. Tra tutti i camp questo mi sembra il più freddo, non bastano due whisky per riscaldarsi e il sacco a pelo è l’unica speranza….con particolare attenzione agli elefanti che camminano sopra le tende.


11° GIORNO: Prima di partire faccio riparare la ruota dal gommista del lodge, “no comment” per l’evidente rattoppo, adesso capisco perchè l’ Europcar vuole i copertoni nuovi. Dopo la benzina, la direzione e la Skeleton Coast, seguiamo la C43, poi voltiamo a destra per la C39, dritti e arriviamo al gate di Sprigbookwater, pago il pedaggio ed entriamo, dopo qualche km si inizia a vedere il mare, giriamo a sx verso il sud. Per tutto il giorno mi sono domandato perché quel tratto della Skeleton Coast debba essere dichiarato parco naturale, dal gate di Springbookwater a nord fino all’altro di Ugambe a sud, non c’è praticamente niente, solo una strada dritta che costeggia la battigia larga un km circa, piante niente, animali idem, relitti nemmeno; solo a metà strada avrete l’occasione per una sosta pipì nell’unico relitto di ferro arrugginito presente, sembra una specie di gru o qualcosa di simile ad una pompa, completamente ricoperto di guano e vi lascio immaginare l’odore. Poco dopo, due sbarre con guardiano delimitano un pezzo di strada dove non si può scendere altrimenti qualcuno spara (dal cartello), deve esserci qualcosa per i diamanti. Il gate di
Ugambe, è il massimo del kischt, due enormi teschi in plastica decorano il cancello di entrata, e altrettanti teschi di animali sono esposti nella casermetta in entrata; è ora di pranzo e chiediamo di poter cucinare lì intorno nonostante il forte vento, inaspettatamente ci concedono delle stanze vuote nelle baracche di lamiera dietro, noi saremo così bravi da tirar fuori un delizioso piatto di spaghetti al ketchup!!! Quindi un comodo café, poi veloci verso Cape Cross, la strada è ancora geometricamente dritta. A Cape Cross ci sono le otarie, foche di modeste dimensioni tutte ammassate sulla riva, emanano un odore sgradevole ma presto ci si fa l’abitudine, poi c’è una grossa croce, il “padrao”, con targhe che ricordano Diego Cao navigatore portoghese, forse il primo europeo a mettere piede in Namibia Da Cape Cross a Swakopmund la strada diventa asfaltata ma delle curve non ne vuole sapere e costantemente costeggia l’oceano, a circa 25 km da Swakopmund passiamo vicino al paese di Wlotzkasbaken, sono tutte casette pastello in mezzo alla sabbia, avrei voluto fermarmi ma non c’era tempo. Swakopmund è una città, grosse insegne luminose, centri commerciali, strade a due corsie, ma tanta tanta nebbia e freddo, il cielo terso di tutti i giorni addietro era già un ricordo, che ha generato un contrasto di ritorno all’Europa immediato, forse la Germania viste le parole dei cartelli. Dopo tanta tenda torniamo a dormire sotto al cemento, in un complesso di tante casette dai tetti spioventi fino al suolo, praticamente dei triangoli isoscele; rinunciamo non solo alle tende ma anche alla cassa cucina, andiamo a mangiare in un ristorante del centro molto lussuoso perché gli altri erano tutti prenotati, cena molto buona e costosa al buffet.


12° GIORNO: La giornata più intensa è più variegata, da Walvis Bay fino al giorno dopo il gruppo si è diviso, un pò con me allo Spitzkoppe mentre gli altri sono rimasti alla base di Swakopmund. Partiamo tutti insieme per Walvis Bay, è una mattina ancora avvolta in uno spesso manto di nebbia, la strada è attaccata ai bungalows, praticamente è la parallela che và verso sud, sono circa 30 km di ottima strada, a destra il mare a sinistra le dune di sabbia, fortunatamente subito dopo Swakopmund c’è il sole che già riscalda l’aria. Prima tappa sono i fenicotteri rosa, dopo il cartello “Welcome to Walvis Bay” una rotonda, quindi seguiamo le indicazioni marroni per la laguna, si trova verso sud alla fine della città, seguendo il litorale non si può sbagliare. Il mio giudizio soggettivo, escluderebbe già a priori i fenicotteri, tra l’altro la nebbia, che qui era ritornata, sfuocava tutta la colonia, macchie rosa nel bianco. Dopo ce ne andiamo alla Duna 7, dove è
possibile noleggiare i quod e divertirsi tra le dune di sabbia. Qui ci dividiamo, sono le 11:30 circa e con due jeep partiamo alla volta dello Spitzkoppe, alias il “Cervino D’Africa”, prima di lasciare Swakopmund ritiriamo la nuova gomma alla continental. Seguiamo le indicazioni per Windhoek vicino ad un semaforo sulla strada principale, appena giriamo sulla destra c’è un distributore- autogrill verde BP, proseguiamo sempre dritti per Usakos, la strada è dritta e tutta asfaltata fino al bivio che dice di girare a sinistra per lo Spitzkoppe, dalla B2 prendiamo la D1918, quindi a destra la D3716, sono 25 km di ottimo sterrato, in tutto, il viaggio Swakopmund-Spitzkoppe è al massimo di due ore. Nell’aerea intorno allo Spitzkoppe la natura si è sbizzarrita, rocce rosse soprattutto porfidi granitici, hanno assunto le forme e le dimensioni più strambe, alcune sono palloni sul punto di cadere da un precipizio, altre sono dei ponti che collegano un estremo all’altro, poi guglie, gole, etc etc,…. Rich, un ragazzo di etnia San, bravo ed educato, ci ha guidato in passeggiata per due ore tra le bellezze della sua terra, conosceva numerose piante, ricordo il cactus velenosissimo, l’aloe in cima ad un albero, infusi per il thè e altre specie botaniche di cui mi è rimasta solo la fotografia; infine ci ha mostrato delle pitture rupestri, cosicché abbiamo compensato l’eventuale rimpianto di Twylfontein. Dopo giorni di viaggio sempre sulla jeep, la passeggiata è stata un toccasana per i nostri umori, sia fisici che mentali, poi relax bevendo una birra fresca seduti in quello che sarà il ristorante per la cena, infatti dobbiamo ordinare: pollo o capra? Prima della cena montiamo le tende, in uno scenario che è poco dire suggestivo, nel mezzo di enormi rocce svettanti al cielo appuntite. La cena, invece, non è stata il massimo dell’abbondanza anche se ho comunque apprezzato la qualità ottima del cibo (sarà per la fame…) , cosicché abbiamo dovuto riempire lo stomaco con spaghetti scotti alle salse africane. Prima di entrare in tenda metto una mano sulle rocce intorno, sono ancora calde, termosifoni naturali.


13° GIORNO: E’ ancora buio quando partiamo dallo Spitzkoppe, ore 06:00, colazione volante a bordo, perché alle 08:00 dobbiamo essere puntuali all’appuntamento a Swakopmund con gli altri, devo tener presente che a Sesriem è necessario arrivare nel primo pomeriggio per trovare posto tenda nel camping, in quanto non abbiamo la prenotazione. Spacchiamo il minuto all’appuntamento concedendoci pure una colazione decente all’autogrill BP di Swakopmund, qualche minuto per scambiarci impressioni sulle diverse esperienze delle ultime ore e subito ripartiamo. La strada di oggi è facilissima, a Walvis Bay prendiamo per l’aeroporto verso la duna 7
di ieri, poi sempre dritti e presto all’asfalto si sostituisce lo sterrato, km e km di una noia mortale, sempre dritti, continui saliscendi, la strada si ravviva con un po’ di curve in corrispondenza del Kuiseb e Gaub pass, dopo di loro c’è la sosta al cartello “Tropic of Capricorn”, e poi, tranne i guidatori, riprendete tranquillamente il vostro pisolino mattutino baciati dal sole caldo del deserto del Namib fino a Solitarie, dove ci fermiamo e ci svegliamo per la sosta pranzo. La leggendaria torta di mele non ci ha particolarmente entusiasmato perché in sostanza si tratta di un pasticcio di mele cotte, Solitarie non è un paese, e una specie di autogrill, vende souvenir, c’è un telefono, tavolini per pranzare, bagni e un distributore benzina. Dopo il pranzo riprendiamo la C19 e poi C27, circa 70 km di buono sterrato, fino a Sesriem, dove arriviamo alle 15:00 circa; secondo l’ottimistica previsione troviamo posto tenda, in una piccola piazzola delimitata da un muretto con un bell’albero al centro, il camp è già affollatissimo di turisti. Perché è importante campeggiare al camp di Sesriem? Il camp è una specie di spartiacque tra la strada normale e l’aerea Sossulvei, con due cancelli, campeggiando dentro superate il primo che apre tardi al mattino e chiude presto la sera impedendovi alba e tramonto, l’apertura del secondo, invece, è regolata a tempo sia per vedere l’alba che il tramonto. Dopo aver montato le tende, corriamo entusiasti a Sossulvei per il tramonto dalla duna 45, il 45 sta per 45 km da Sesriem quindi basterà fare attenzione al contachilometri per trovarla; noi, invece, più entusiasti che ignari abbiamo preferito proseguire verso Sossulvei, ovvero gli ultimi 5 km di strada sabbiosa che consigliano di fare con il 4X4 o la navetta….risultato: il tramonto non l’abbiamo visto, in compenso abbiamo disinsabbiato due nostre jeep, con sudata e sforzo sovraumano e rischio di lasciarle lì, ce l’abbiamo fatta per un soffio perché stava già iniziando a fare buio. Al ritorno al camping, meritata doccia e cena con cassa cucina, per stasera, pasta al sugo in abbondanza! Poi, solite chiacchere attorno al fuoco e buonanotte.
14° GIORNO: Sveglia alle 04:30, anche se sarà la giornata più rilassante, diciamo “bucolica”. Alle 04:30 perché alle 05:30 siamo già all’apertura del gate del camp verso Sossulvei per l’alba sulla duna 45. Facciamo perfettamente in tempo a salire fino alla cima, e il sole dobbiamo aspettarlo noi; non posso usare aggettivi negativi perché lo scenario è incantevole e un leggero vento freddo ci rabbrividisce, ma i colori dell’alba non sono gli stessi accessi del tramonto, sono più tenui, più pastello, più rosei. Dopo l’alba aspettate che il sole vi riscaldi in cima alla duna, poi non scendiamo a piedi ma ruzzoliamo!!!!!..........sarà un divertimento incredibile, inoltre ha il vantaggio che la sabbia assorbe sudore e sporcizia della pelle, ci sentiamo pure puliti dopo aver accuratamente sbattuto tutti i vestiti, ma senza impegno perché la sabbia nelle orecchie di Sossulvei l’ho ritrovata ancora i primi di settembre…..!!!!! Dopo la 45, alle 0830 andiamo a Sossulvei, alla fine della strada praticamente; anche oggi, memori dell’insabbiamento di ieri, decidiamo giustamente di riprovarci ed evitare la navetta troppo costosa; infatti siamo molto più bravi, abbiamo imparato, e su 4 solo una rimane lievemente insabbiata, ma il problema si risolve in pochi minuti. Arrivati alla fine, sistemiamo le jeep a riccio intorno ad un albero, scarichiamo tavolino, fornelli e caffettiera per la seconda colazione, ancora più buona della prima perché imprevista. Qualcuno dorme, qualcuno passeggia, scatta foto, scala le dune attorno oppure rimane semplicemente a conversare attorno al tavolino; tutti insieme ci ritroviamo lì per il pranzo, l’acqua bolle in un paio d’ore ma noi abbiamo tutto il tempo per scaricare tutta lo stress e la fretta dei giorni precedenti, si parla a braccio di qualunque cosa, in un atmosfera simile ad una “colazione sull’erba”. Ombra, leggero
venticello, uccellini a pizzicare i nostri avanzi, un contorto albero che ci ripara, sono così calmo che mi appisolo sulla sedia. Il sogno finisce alle 16:15, dobbiamo ritornare per il tramonto alla duna 45, causa l’ultimo insabbiamento arriviamo giusto in tempo, il sole cala velocissimo, un arancione accecante ed ombre sempre più allungate fino a diventare loro stesse il buio; ho la prima sensazione che il viaggio è quasi finito. Ingrati, rifiutamo l’utilizzo della cassa cucina, e cena al lussuoso “Sossulvei Lodge”, appena fuori il camp di Sesriem sulla sinistra: il ristorante offre un buffet grandioso, c’è così tanta roba che confonde e insieme a noi, che siamo gli ultimi ad alzarci dai tavoli, (ultimi perché per ultimi ci hanno permesso di sederci) mangiano anche gli sciacalli e il magrissimo guardiano al gate di Sesriem che ha promesso di aspettarmi fino alle 23:30.


15° GIORNO: Oramai non c’è più nessuna meta da raggiungere, nessuna aspettativa, solo il ritorno diretto a Windhoek per le pratiche varie di restituzioni e l’aereo che domani ci porterà via. Partiamo lo stesso presto perché è importante arrivare a Windhoek per l’ora di pranzo, riforniamo a Sesriem e poi via; la strada che avevo in mente era questa: da Sesriem C27 verso sud, poi svolta a sx per la D845, poi incontrando la C19 a sx e subito dopo a dx per la D854 fino a Bullsport….fino a qui arriviamo anche noi, ma una macchina prosegue dritta per la C14 senza girare 200 m sulla destra per la D1206 fino a Reitog quindi MR47 fino alla C24. Cosicché noi siamo costretti ad inseguire l’auto ed incontriamo la C24 al bivio con la C14, allunghiamo una 40 di km più i tempi di attesa. Poi la C24 porta dritta alla B1, la strada asfaltata, arteria che taglia longitudinalmente tutto il paese. Poco prima dell’asfalto, ironia della sorte, l’ultima foratura sempre alla stessa jeep, europcar naturalmente!! A Windhoek arriviamo precisi per il pranzo, e consumiamo le ultime scorte di scatolame vario sui tavolini del bordo piscina del nostro albergo. Dopodichè faccio l’inventario di tutto il materiale da campeggio da restituire e lo carichiamo su un'unica jeep che guido io, poi ciascun guidatore provvede al lavaggio del proprio mezzo. Quindi ci disperdiamo per la capitale, l’appuntamento è per la cena. In ordine, riconsegno il materiale da campeggio, la procedura è velocissima, la signora controlla solo che ci sia tutto; poi lavaggio auto, ci vogliono circa 40 min; faccio riparare l’ultimo pneumatico forato ed infine sono libero per una birra fresca al centro di Windhoek. Sinceramente sono stanchissimo e speravo che il ristorante fosse vicino, senza prendere auto, e sorpresa delle sorprese, le ragazze stanno organizzando la cena proprio al al nostro albergo usufruendo della cucina, c’è da rimanere in pantofole !!!! A questo punto devo
ricordare il pollo al limone e la pasta alle melanzane, piatti squisiti, un’altro grazie alla cuoca. Il dopocena lo passiamo sul divano a guardare una videocassetta, “Full Monthy” credo che era perché mi addormento quasi subito.
16° GIORNO: Sveglia senza orario, l’importante è partire alle 10:00. Mangio l’ultima spalmata di burro di arachidi e caffè, poi tranquillamente mi fumo una sigaretta al bordo piscina mentre un tiepido sole mi riscaldava. Riforniamo le jeep prima di partire per l’aeroporto, dove arriviamo dopo 30 min. Aspettiamo il volo, spendiamo e cambiamo gli ultimi N$ rimasti……solite cose di fine viaggio; i voli sia per Johannesburg che per Francoforte e Roma sono regolari.
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