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Burkina Faso, la terra degli uomini liberi

Ora ho in mano questo diario e solo foto peraltro digitali, sono a Roma, sento nostalgia del puzzo acre africano, del vociare, incessante e sovrapposto talvolta dalle strilla, nei mercati, i bambini ovunque, il rosso della terra e il pianto dei capretti, dal deserto alle palme del golfo di Guinea, perché tutto questo è stato il viaggio.

L’aspettativa più bella è l’andare, percorrere chilometri, arrivare e ripartire: il pulmino schiva le buche, talvolta si ferma, c’è un mercato e c’è il multicolore, l’arcobaleno delle genti, ci sono moschee di fango e tante case di fango, rosse come la terra, c’è una donna ovunque che porta il carico sulla testa, pane, banane, farina, sorgo, miglio, acqua, c’è un sorriso su ogni viso, c’è sempre il solito pollo, riso o cous cous da mangiare ma è buono e non stufa; il pulmino riprende, altre buche e altri villaggi sconosciuti, altri camion carichi più di loro stessi, c’è sempre il sole e c’è sempre il caldo.

Viaggiare nel Sahel è leggerezza, senza appuntamenti o orari, ai loro tempi vaghi e imprecisi, e, solo cosi si riesce a fare quello che veramente si vuole fare, l’affanno non serve, basta guardarsi attorno per essere felici e l’unica richiesta è una birra fresca, l’acqua si può bere anche bollente. E’ facile commuoversi, le giornate sono passate l’una dopo l’altra sopra al viaggio reale e sopra al viaggio delle sensazioni, dell’interiore, chiuse dentro la cornice sterminata, brutale, primitiva dell’Africa.

1° GIORNO: Si parte, destinazione finale Ouagadogou passando per Tripoli. I voli sono regolari e nella sala d’attesa, sotto ad una gigantografia del colonnello Gheddafi, scrivo. Altro volo e stavolta, superato il Sahara, siamo nel cuore del Sahel nella capitale del Burkina, Ouagaudogou; sono nella città dove 25 anni fa c’era Thomas Sankara, orgoglio d’Africa e per capirlo invito chiunque a guardare il suo discorso all’ONU, si trova facilmente su youtube. Una ventata d’aria calda, via la felpa e l’odore dell’Africa sconvolge il mio olfatto, in un aeroporto di cartone, cemento senza intonaco, sterrato e polveroso il pavimento. Il mio amico Mohamed mi aspetta fuori, silenzioso, in mezzo a tutti i procacciatori di clienti che urlano: “Monsieur, Monsieur !!! Taxi, Taxi, all’ Auberge, all’Auberge...”. Salgo su un pulmino Toyota e in albergo per la prima notte africana sotto una zanzariera troppo stretta per il letto.

2° GIORNO: Peccato, il mio viaggio inizia male, mi alzo nel cuore della notte e passo le ore fino al mattino tra water e letto, sto sempre peggio, inizio anche a vomitare e il colmo è che non ho ancora mangiato niente di africano. Passerò malconcio tutta la giornata, ma è andata.

Quindi Ouagaudogou, colazione e cambio dei soldi, se ne occupa Mohamed che ritorna con dei bei mazzi di banconote poi partenza per una lunga tappa di spostamento, stasera arriveremo a Bobo Dioulasso, capitale culturale e della musica in Burkina, dove facilmente si possono ascoltare percussionisti e melodie afro per le strade. E’ domenica e la prima sosta è al mercato di Boromo, abbiamo subito l’impatto con ciò che in Africa oltre ad essere luogo di scambio commerciale, è

anche luogo di incontro, di socializzazione, luogo politico, centro nevralgico della vita quotidiana. La sosta successiva è Ouahabou, sulla strada principale, per visitare la moschea di fango, un bellissimo esempio di architettura sudanese, desolata, gialla, ocra che spicca con il cielo dall’azzurro terso. Altro stop a Boni con la bizzarra chiesa dalla facciata a forma di maschera, forse una tentata sintesi tra il colorato stile afro e l’austera croce cristiana. Prima di giungere a Bobo, c’è Koro il villaggio dalle case scavate nella roccia arroccato sulla falesia dove si gode un bel panorama e laggiù in fondo la città dove arriviamo che è quasi buio lungo una pista di terra rossa. Stasera cena con un thè al limone.

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3° GIORNO: : Oggi è proprio una bella giornata, innanzitutto perché sto bene e c’è il sole. Si va allo stagno sacro di Dafra con un bel pollo bianco da sacrificare per l’occasione, il pulmino attraversa un sentiero di campagna sempre più stretto tra piantagioni di pomodori, fagiolini e cotone, finché non si ferma sotto ad un grande albero, quindi proseguiamo a piedi, scendendo in un incantevole canyon che circonda lo stagno sacro. Qua c’è il gran feticheur che ordina di togliere le scarpe, rimaniamo in calzini e siamo pronti ad assistere al sacrificio sulle rocce cosparse di piume: il pollo viene sgozzato, scivola via il sangue, tirano via le interiora e le danno in pasto a mostruosi pesci gatto, che, avidi cercano di afferrarle. Fatto il sacrificio, che sembra aver avuto un esito positivo ritorniamo al pulmino che parte solo con una bella spinta e dopo 30 minuti siamo di ritorno a Bobo Dioulasso per un caffè e successivamente la visita della città. Prima di tutto la “Grande Mosquée” bellissimo esempio di architettura saheliana in mattoni di fango con torri coniche irte di spuntoni di legno. Poi l’adiacente quartiere di Kibidwe, la parte più antica della città e sempre a piedi il “Grand Marché” dove ci perdiamo per mezz’ora tra vicoli coperti che vendono di tutto, c’è anche un interessante zona dedicata agli oggetti di artigianato, sopratutto di legno. Ripartiamo verso l’ora di pranzo in direzione sud, alle “Domus de Fabedogou”, particolari formazioni rocciose che evidenziano nettamente la stratificazione che nei secoli ha generato l’acqua, occasione per una breve passeggiata. Concludiamo la giornata con le piacevoli e rilassanti cascate Karfiguela, immergendo i piedi in acqua, in piccole piscine naturali piene di zanzare. Quando arriviamo a Banfora è già notte.

4° GIORNO: Ieri sera, parlando con Mohamed ci siamo resi conto che il ritmo del viaggio va alzato, almeno fino al mercato di Gorom Gorom di giovedì, abbiamo poco tempo a disposizione e non possiamo rinunciare alla visita di Tiebélé. Oggi è prevista una lunga tappa. Iniziamo col villaggio

Tengrela sito sull’omonimo lago, dove non è possibile effettuare la gita in barca per vedere gli ippopotami, l’acqua è troppo alta e i grossi mammiferi non si farebbero vivi. Inizia il lungo viaggio per attraversare metà del paese, una sosta pranzo al vivace mercato di Kouoeré che incontriamo per caso, sulla strada e prossima fermata ad Obire. Quest’ultimo villaggio rappresenta la capitale della tribù dei Gan, non abbiamo né il tempo per incontrare il re e né il tempo per visitare le adiacenti rovine di Loropeni (che sembrano consistere in una semplice ma misteriosa roccia con iscrizioni), ma, in compenso una delle mogli del re ci accompagna al santuario dei re Gan. In una radura, sotto ad un grosso albero di mango ci sono 12 casette in mattoncini rossi al cui interno si trovano statue di fango decorate con cauri che rappresentano i 12 re Gan morti, questo è anche il luogo dove la corte tiene il gran consiglio. I Gan arrivarono dal Ghana quando l’impero degli Ashanti era al massimo splendore, infatti le donne ancora conservano quella sapienza ancestrale nella lavorazione dell’oro. L’altra tappa della giornata sono i villaggi Lobi, che derivano dai Gan, nei pressi di Gaoua, siamo in quello degli scultori del legno. I Lobi è un popolo di natura schiva e bellicosa, le loro case si chiamano “sukala” e le terrazze vengono usate per l’essicazione del raccolto. E’ quasi buio e solo dopo molta strada sterrata arriviamo a Leo, sono le 2200 e ci fermiamo all’Hotel “La Sissili”, la colorita e antipatica Madame (Mohamed mi ha detto che è così da quando ha fatto un viaggio a Parigi, si è montata la testa) che lo gestisce ci dice prima di non aver posto, poi mette al lavoro un pò di operai che iniziano a montare lampadine, docce, portano materassi, lenzuola e federe, le donne puliscono e quasi alla mezzanotte abbiamo le stanze, nel frattempo ci siamo mangiati del riso con una salsa che al buio ancora non ho capito che conteneva.

5° GIORNO: Facciamo colazione due volte, all’hotel e all’africana, come dice Mohamed, in uno dei banchetti sulla strada. Poi si parte, ci fermiamo a Po per fare rifornimento e approfittarne per bere qualcosa di fresco, quindi direzione Tiebélé che dista appena 31 km di sterrato, all’arrivo prima pranziamo con l’omelette poi visitiamo il bizzarro villaggio. Il gruppo etnico che lo popola è quello dei Guronsi. E’ uno di quei posti che si ricordano, quasi tutte le abitazioni sono dipinte con motivi geometrici, animali e oggetti stilizzati tutti simboli legati all’animismo tradizionale, invece i colori predominanti sono il nero e l’ocra. Ogni casa può avere diverse forme: ad otto, rettangolari e rotonde, a seconda dello status sociale dell’inquilino, le porte invece sono sempre basse e strette; ce ne sono di veramente belle. Ripartiamo dal villaggio alle 15:00, c’è ancora molta strada prima di arrivare, passiamo per Ouagadogou e solo alle 2200 siamo a Kaya e per fortuna avevamo già ordinato la cena per telefono.

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6° GIORNO: Si parte alle 07:00 con un’ora di anticipo rispetto al solito, perché oggi c’è il celebre mercato di Gorom Gorom dove arriviamo alle 11:15, proprio all’ora in cui inizia ad animarsi. Rispetto ad altri mercati che vedremo anche in seguito, non è grandissimo ma l’attrattiva sono le diverse etnie che si incontrano, dai Tuareg ai Peul, dai Bella ai Mossi, alcuni commercianti di bestiame vengono addirittura dal Ghana per vendere i loro capi, il mercato del bestiame si trova a circa 1 km più a nord, dopo il distributore: qui, chiuse in un ampia corte ci sono intere mandrie di capre e zebù, anche cammelli. Sicuramente è un luogo ricco di suggestioni, il pianto dei capretti con il muggire degli zebù, i colori variopinti delle stoffe, la polvere rossa, le genti e il Sahara che è alle porte. Dopo il mercato abbiamo finalmente il tempo per riposarci, pranzare con calma per ripartire alle 15:30 per Oursi, alle porte del deserto, un piccolo villaggio dove i pascoli e l’agricoltura lottano costantemente con la sabbia finissima che avanza, e, su in cima ad una duna guardiamo il sole enorme che laggiù tramonta. Ritorniamo a Gorom Gorom che è buio, sono appena 40 km di pista da Oursi, la cena stasera sarà cucinata da Mohamed che ci prepara un capretto intero ripieno di cous cous, cipolla, peperoni, aglio e altre verdure, cotto sotto la sabbia; piatto tipico e molto buono del deserto.

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7° GIORNO: Ieri abbiamo raggiunto il punto più a nord del viaggio, d’ora in avanti scenderemo gradualmente verso il sud per arrivare sino all’oceano atlantico. A colazione la mia marmellata di cotogne, poi partiamo con calma per Dori dove ci fermiamo per una sosta caffè e visto che è venerdì per il mercato settimanale, in particolare quello del bestiame, sicuramente più contenuto rispetto a quello di Gorom. Da Dori, 60 km e siamo a Bani, alle 7 moschee di fango, ma perché 7?

La disposizione vuole raffigurare un uomo con il piede incrociato, una la più bella e grande è la testa, due le spalle, altre due le mani e infine i due piedi. Solo la testa è perfettamente conservata, imponente con la sua facciata è una costruzione che lascia sbalorditi, le altre 6 più piccole e con i minareti crollati sono disposte su un leggero altopiano che domina l’intorno, imperdibile visione nel cuore del Sahel, dove c’è solo il vento e il sole cocente in alto, in un silenzioso paesaggio. Il villaggio in fango di Bani sorge a ridosso della grande moschea, ma, seppur è ora di pranzo non offre niente da mangiare, nemmeno acqua fresca, quindi si riparte. Sosta pranzo alle 1500 a Bogandé, solito riso con salsa di pollo o montone e una fresca birra Castel. Arriviamo all’albergo di Fada N’Gourma alle 19:00. Pensavo che la tappa di oggi fosse più breve, invece anche stavolta tanto pulmino, con gli occhi fissi a guardare la gente d’Africa che scorre via lungo strade rosse e polverose: i bambini salutano mentre fanno il bagno dentro a grossi invasi artificiali o forse laghi, le donne lavano i panni e gli uomini oziano o fanno i poliziotti: allora, quest’ultimi perdono l’atteggiamento dinoccolato e stanco per assumere quello altezzoso e presuntuoso, fin quando non stringono con la mano una banconota da 1000 franchi. Ceniamo molto bene, con i fagiolini e il pesce Capitano, mentre i TV trasmettono propaganda elettorale, solite promesse dei politici: sanità, lavoro e lotta al crimine, sempre le stesse cose.

 

IL VIAGGIO CONTINUA IN TOGO E BENIN…….

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